venerdì 7 dicembre 2012

Notturno 11

Bene, siamo all'ultima. Prima o poi doveva succedere. Ora non romperò più le palle con questo raccontino scritto tanto tempo fa, si passa oltre. Spero che a qualcuno sia piaciuto, in ogni caso finisce qui, mentre qui trovate la puntata precedente e qui lo leggete dall'inizio. Buona lettura, ci si riaggiorna.



Notturno, Bis, il Cancelletto, il Cane e l’Epilogo

Guardiamo infine la figura solitaria che si avvicina a un cancelletto.

È Giorgio, appiedato; i suoi due amici lo hanno lasciato poco distante da casa sua e sono ripartiti per l’ultima parte del viaggio che li porterà alle loro camere, ai loro letti.
-Ho preso le chiavi?- Rallenta improvvisamente incerto, tasta la borsa che per quasi tutta la serata è rimasta silenziosa e in disparte attaccata alla sua schiena e riprende il suo passo riconoscendo la forma familiare del mazzo attraverso il tessuto.


-Che fortuna avere una testa come la mia- Si congratula con se stesso.
Armeggia per quasi tre minuti con la serratura, la chiave non ne vuole sapere di entrare nella toppa, e intanto resta chiuso fuori.
Improvvisa e brillante arriva l’illuminazione, cambia chiave, ritenta e stavolta si sente lo scatto metallico e la porta ruota facilmente sui cardini.
-Ci vogliono le persone e le situazioni giuste per passare delle belle serate- Pensa richiudendo dietro di sé la porta e cominciando levarsi i vestiti che getta poi alla rinfusa in una sedia là accanto.
-Forse con un cane potrei passarmela altrettanto bene- Ma l’animale che con un nonsochè di lupesco lo fissa da sopra il letto sembra smentirlo.
Tra le zampe tiene quello che a prima vista si direbbe un femore sospettosamente giorgiesco, spolpatamente georgiano ano ano è l’eco dello strappo di uno degli ultimi brandelli di carne ancora attaccati all’osso.

-No, un cane no- Riflette allontanandosi fino all’ingresso per spegnere l’interruttore dei neon appesi al soffitto; torna indietro a scostare le coperte e premere il piccolo pulsante dell’abat-joure che pronta illumina il cuscino e la copertina di un romanzo poggiato sul comodino.
-Già, che fortuna avere una testa come la mia- pensa ancora il futuro dormiente che infine spegne la luce.
Tendiamo l’orecchio all’eco dell’ultimo accordo di questo notturno prima che anch’esso si spenga… ecco, non si sente più; ora è solo il silenzio e il lieve respiro della figura sotto la coperta ad applaudire la fine dell’esecuzione.


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